Curriculum


Luigi Franzese nasce a San Giuseppe Vesuviano nell’anno 1952.
Le sue doti artistiche vengono subito intuite dai genitori e successivamente evidenziate dai suoi insegnanti che scrivono:  “possiede delle spiccate doti artistiche”; “è bravissimo in disegno”; “eccelle in artistica”; “si consiglia di proseguire gli studi presso gli istituti d'arte”. Franzese intraprende la formazione artistica e subito dimostra di avere una grande sensibilità per l'arte e una indubbia creatività. Conclude gli studi conseguendo l'abilitazione all'Insegnamento di materie artistiche nella scuola media. Partito con opere figurative di grande valore artistico, culturale e tecnico e dopo esperienze surreali - espressioniste, risalenti ai primi anni di frequenza della scuola d'arte, giunge ad un tipo di investigazione post - informale - espressionista che rimette in gioco tutte le sue esperienze, oggettive e memoriali, per approdare poi, alla fine degli anni 70, a ricerche neo - nucleari - concettuali. Nell'anno 1980 tiene la sua prima importante mostra personale a Napoli dal titolo “annullamento dei piani come superfici”. Si trattava di un interessante discorso sulla “spazialità dell’opera d’arte” che oltrepassando lo specifico del quadro sconfinava nella scultura e perfino nell'architettura senza trascurare la pittura: Gino Grassi nel presentare la mostra scrive che Franzese “dimostra che sulle falde del Vesuvio, dove vivono anche Emblema ed altri artisti, sta nascendo una nuova maniera di fare arte” e nel 1983 viene segnalato alla Giorgio Mondadori e Associati Editori quale giovane artista emergente. Nell’anno 1990 viene allestita, nei locali del Castello Cinquecentesco de L’Aquila e con il patrocinio della Soprintendenza per i Beni Ambientali Architettonici Artistici e Storici per l’Abruzzo, la mostra monografica “il silenzio della materia”: una mostra personale di così rara e complessa bellezza che Raffaello Biordi definisce Franzese “novatore di grande interesse” degli ultimi 150 anni. Franzese lavora intensamente per approfondire sempre di più la sua singolare e interessante ricerca artistica (e numerose  sono le mostre personali allestite) e nell’anno 2010 negli spazi del Museo Civico di Castelnuovo a Napoli viene organizzata, con il patrocinio del Comune di Napoli, della Regione Campania e del Parco Nazionale del Vesuvio, una importante e singolare mostra antologica riferita a 30 anni di ricerca artistica dal titolo “del vesuvio franzese”: una preziosa esposizione dall’inedito allestimento e dall’immenso valore culturale testimoniato da tanti  interventi significativi tra i quali quelli di Giuseppe Cantillo, Guido D’Agostino, Vito Maggio, G. Battista Nazzaro, Antonella Nigro, Gerardo Pedicini e Salvatore Violante. Nel fare pittura Franzese consoliderà sempre di più la saldatura tra l'investigazione soggettiva e le emozioni offerte dalla materia - natura, origine e finalità del tutto. Egli arriva così ad espressioni artistiche che comprendono tutte le emozioni dell’uomo: dal primitivo gesto istintivo - carico di emozione, alla moderna spazialità astratta e quindi arriva all’universalità dell’arte.  E durante il serio e complesso percorso artistico ha avvertito continuamente la crisi dell’arte e il disordine ad essa connesso, infatti già nel 1980 scrive: “Qualche anno fa definivo la mia pittura il punto zero delle cose e della materia, da cui si parte per arrivare ad un altro punto zero e così via: i nuovi spazi e i nuovi tempi che si creano durante i percorsi eterni della materia. Sono contento per aver trovato un punto di arrivo e di partenza che, come uomo e come artista, da tempo cercavo nelle nebbie dell’arte contemporanea”. “Solo dipingendo si può fare pittura, il resto sono solo parole”.  Di lui hanno scritto storici e critici d'arte di chiara fama. Giulio Carlo Argan ha ammirato “la finezza” e “la preziosità” della sua arte; Filiberto Menna ha sottolineato “l'indubbia maturità” e il “contributo tutto particolare” arrecato nel contesto “di un ritorno della pittura”; Franco Solmi ha evidenziato “le ragioni della propria desiderante, ambigua modernità”.